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Immagine del redattoreSalvatore Amorello

Marco Fimiani - Finalista Premio Nabokov 2023


Foto Copertina

Marco Fimiani


Nato a Pescara, risiedo attualmente a Chieti, dove insegno Matematica e Fisica presso il Liceo Scientifico Statale “F. Masci”.

Suono il pianoforte e ho composto una Messa per soli, coro e orchestra. Ho dedicato la mia passione per il cinema comico alla stesura di un saggio intitolato La sala d’aspetto. La comicità è un affare terribilmente serio, ma amo scrivere anche poesie e racconti.







INTERVISTA ALL'AUTORE



Cosa ti ha spinto a scrivere questo saggio?

Principalmente la passione che nutro sin da bambino per il cinema

comico, una passione che ho continuato a coltivare nel corso degli anni

alimentandola con la visione di innumerevoli film appartenenti a

epoche diverse, scelti tra corto, medio e lungometraggi, e con la lettura

di saggi scritti dalle più influenti personalità del settore. Ho poi voluto

approfondire quanto leggevo e vedevo, tentando di costruire e di

offrire una mia personalissima visione.


Come hai deciso il titolo del saggio?

La scelta del titolo vuole essere un atto di omaggio nei confronti di un

grande maestro del cinema comico quale Jacques Tati. Non sono molti

i film comici ad aver ottenuto un Premio Oscar, Tati ci è riuscito con

“Mon Oncle” nel 1958. È vero che il lavoro del saggista non può

essere condizionato da gusti o da predilezioni particolari perché ne

soffrirebbe il processo di obiettività, ma in questo caso parlerei di un

interessamento, neanche troppo velato, nei confronti di un autore che

ha saputo rinnovare il linguaggio del cinema comico, svincolandolo

decisamente dai legami abbastanza forti con la slapstick comedy e

portandolo su un terreno di assoluta magnificenza artistica. In una

particolare scena tratta dal suo capolavoro “Playtime” (1967), Hulot,

il protagonista, si trova in una sala d’aspetto in attesa di essere ricevuto

per un colloquio di lavoro. Si muove con fare circospetto nel suo

tradizionale abito di scena composto da cappello, impermeabile,

ombrello, pantaloni corti che mettono in risalto i calzini colorati. Tasta

la consistenza di alcune poltrone, osservato dagli sguardi avidi e

fortemente curiosi di strani personaggi ritratti nei quadri che affollano

le pareti. Il comico ama i contrasti, è un feroce osservatore della realtà

che lo circonda e rappresenta le anormalità del tessuto sociale.


Come hai selezionato i materiali e le fonti per il saggio?

Ho attinto da alcune fonti imprescindibili per chi voglia accostarsi con

spirito critico a questo settore. Ovviamente è necessario avere un

contatto diretto con la visione dei film, tratti da epoche diverse e

interpretati da comici, più o meno importanti, che è necessario

conoscere. YouTube è un riferimento imprescindibile e una fonte

privilegiata. Ovviamente attingo anche dall’abbondante materiale già

in mio possesso sotto forma di dvd e blue-ray.


Quale parte del saggio ritieni la più innovativa o originale?

Quella dove provo a offrire un mio personalissimo contributo alla

definizione di un tipo particolare di gag, ovvero il “gag strutturato”.

Ne parlo citando due esempi tratti rispettivamente da “Cops” di Buster

Keaton e da “The Immigrant” di Charlie Chaplin, assoluti capolavori

della cinematografia mondiale.


C’è un capitolo o una sezione che ti sta particolarmente a cuore?

Il capitolo 6, dove riporto quattro episodi particolari legati alle vicende

biografiche di Tati, Stan Laurel e Totò. Nel primo il cineasta francese,

nei giorni che precedettero il ritiro della preziosa statuetta dell’Oscar,

alla domanda se avesse preferito conoscere Sophia Loren o Gina

Lollobrigida, rispose candidamente di voler incontrare “The King of

Comedy” ovvero Mack Sennett. Nel secondo, lo stesso Tati rinunciò a

un ghiotto contratto per “Mon Oncle” perché il produttore aveva

rimproverato troppo duramente il maldestro comportamento di un

giovane cameriere nella sala del ristorante dove stavano pranzando.

Nel terzo, Stan Laurel ebbe l’occasione di rincontrare Charlie Chaplin

a Beverly Hills dopo trent’anni e i due passarono un intero pomeriggio

a rivangare i vecchi tempi passati nella compagnia di Fred Karno e si

lasciarono andare all’onda dei ricordi. Nel quarto, De Sica fu

rimproverato da Totò perché, nel suo film “L’Oro di Napoli”, aveva

inserito l’episodio del guappo, interpretato dal grande comico

napoletano, proprio all’inizio, contravvenendo così alla regola classica

del teatro secondo cui il mattatore deve sempre entrare in scena per

ultimo.



SAGGIO FINALISTA PREMIO NABOKOV 2023



Copertina Libro

La sala d'aspetto

(Sinossi)


Questo saggio racchiude spunti di riflessione sullo straordinario mondo della comicità cinematografica e cenni biografici sui più grandi attori e autori comici.

Richiamo alcuni film che rappresentano ormai grandi classici. L’obiettivo che mi propongo è quello di risvegliare, soprattutto nei più giovani, l’interesse per la vera arte della comicità, in particolar modo per quella più strettamente visiva.


Cito fonti autorevoli e testi di riferimento nel ramo, mostro foto la cui autenticità è attestata.

Pervengo a conclusioni che ritengo essere molto personali e che sono opinabili, ma, come in ogni campo, attingo dalle ragioni oggettive della conoscenza storica di ciò che tratto.

Il titolo del saggio richiama da vicino una delle scene più emblematiche del cinema di Jacques Tati, uno dei miei autori preferiti.

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