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Brillante Massaro - Finalista Premio Nabokov 2024 - Narrativa Edita

Aggiornamento: 10 giu



Brillante Massaro

Brillante Massaro


Brillante Massaro è una Insegnante, per decenni si è occupata di formazione docenti in ambito metodologico-didattico e ha pubblicato articoli su riviste specializzate di educazione linguistica

Amante della scrittura, da oltre un decennio si è dedicata alla narrativa, ha pubblicato, con il Gruppo editoriale Raffaello, per la collana I mulini a vento, due testi di narrativa scolastica per ragazzi: Emozioni in gioco nel 2015 e A che gioco giochiamo nel 2018 e numerosi racconti sia online che in cartaceo (Raccolte di racconti).

Nel 2023 ha pubblicato, con Scatole parlanti, il suo romanzo di esordio Malanotte e figlia femmina. Il romanzo ha ottenuto vari premi e riconoscimenti in concorsi nazionali e internazionali per la sezione narrativa edita: 

• Menzione speciale Premio letterario nazionale Publio Virginio Marone 2024; 

• Vincitrice terzo posto Premio internazionale Un libro amico per l’inverno XIII edizione 2024; 

• Vincitrice secondo posto Premio Internazionale Nabokov XIX edizione 2025.

 

Scrive per il teatro, affronta temi legati alle differenze di genere che porta in scena con MatutaeTeatro, una compagnia tutta al femminile.

 

 


INTERVISTA ALL'AUTRICE



 

Cosa ti ha spinto a scrivere questo romanzo?

Le voci delle donne abitano il silenzio e io volevo dare voce a quella bambina scontenta che ancora mi abita, a quell’adolescente ribelle, a quella donna che sente di non essere mai abbastanza, che si sente sempre inadeguata, stretta in una morsa tra come la vorrebbero gli altri e come si vorrebbe lei, al malamore che l’ha accompagnata nella vita. Volevo avesse una seconda opportunità. “L’onda sulla battigia del ricordo è lunga, va avanti e quando ritorna indietro porta via tutto quello che trova sul bagnasciuga. Lo sciabordio ammisca le cose, le confonde, e quello stava sopra va sotto, e quello che galleggiava è sepolto vivo e affoga”. Il caffè diventa il pre-testo per una navigazione senza una apparente rotta. Una macchina del tempo che non puoi comandare, che procede autonomamente che pesca alla rinfusa e incolla, ricama, ricostruisce nessi non immediatamente visibili. Sono la vecchia Zì Nannina che fa i malocchi nel cortile e la giovane ribelle che vuole farsi bocciare per ferire i suoi, sono l'insegnante attenta ai bisogni degli studenti, la giovane donna che vuole prendere le distanze da sua madre e sono la madre che ne replica il copione appendendo al muro suo figlio. Sono tutte le contraddizioni che mi hanno forgiata e che ho avuto modo di vedere nero su bianco.

 

Qual è la trama principale del libro?

Sulla soglia della vecchiaia la protagonista, il cui nome non compare mai, si costringe a guardare nella zona d’ombra dalla quale si è tenuta alla larga per tutta la vita.

Il romanzo narra di conflitti: con sé stessa per non essere conforme ai modelli imposti dalla cultura patriarcale, col malamore genitoriale mai digerito, con gli errori fatti, col dolore della perdita; sono molte le zone d’ombra nelle quali occorre guardare per capire chi siamo. Zone dove si annidano i sentieri sconnessi, quelli percorsi in fretta, senza guardare a dove si mettevano i piedi. Per ritrovarsi la protagonista deve ritornare su quelle orme, riposizionare il piede con l’attenzione al gesto per ridargli un senso.

È un romanzo di formazione, una storia di riscatto: all’inizio la protagonista fugge dal mondo che le appartiene ma non le corrisponde, si ricostruisce e trova una propria dimensione, ma l’antico torna sotto altre vesti. Infine la consapevolezza e l’accettazione del proprio essere un ibrido.

L’intero racconto è la storia di un meticciato culturale che riassume l’antico e il nuovo, la pratica del malocchio e la filosofia, senza soluzione di continuità.


Come hai scelto il titolo del romanzo?

Malanotte e figlia femmina è un titolo evocativo e ha la tagliente potenza delle frasi folkloriche. Il detto napoletano testimonia, con la similitudine tra una brutta nottata e la nascita di una figlia femmina, un evento indesiderato: la nascita appunto di una figlia femmina. Nata in una malanotte che partorisce solo figlie femmine, la protagonista subisce un imprinting familiare che la fa sentire sempre sbagliata.  Per essere accettata si infila in un contenitore programmato per contenere un maschio, ma le sta stretto. Cerca di scrollarsi di dosso le convinzioni limitanti che l’hanno forgiata ma, per poterlo fare, deve guardarle negli occhi e riconoscerle. Si ribella, trova una sua voce ma si ritrova nuda, senza nessun guscio in cui ripararsi, esposta al buono e al cattivo tempo ma felice di essere Femmina senza nessuna costola da ringraziare per stare al mondo.

 

Ci sono temi particolari che volevi esplorare attraverso la storia?

La necessità di un’esplorazione emotiva per capire le origini delle mie emozioni: rabbia, paura, vergogna, senso di colpa. La necessità di incontrare le mie emozioni e guardarle negli occhi e in qualche misura fare pace col mio passato, assolvermi per poter andare avanti. Non a caso il libro si apre con una citazione di Lidia Ravera che è stata la mia bussola: “Infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità vecchiaia. Sono paesi separati. Se si odiano l’uno con l’altro, la colpa è degli stereotipi che li ingabbiano. Odiarsi tra vicini è pericoloso, è così che scoppiano le guerre”. I miei paesi vicini, imprigionati negli stereotipi, hanno lottato per buona parte della mia esistenza, era arrivato il momento di pacificarli con un'opera di mediazione, cercando di capire le ragioni delle mie varie parti. Scongiurare la guerra tra le parti, a questo è servita la scrittura. Nel momento in cui il conflitto esce allo scoperto per vivere sulla carta, in qualche modo ti abbandona, guadagna un suo spazio e ti libera. Per me la scrittura è un atto liberatorio, il fatto stesso di oggettivare un pensiero mettendolo su carta è renderlo altro da te, non smette certo di appartenerti, ma ti appartiene in modo diverso senza quel ruminare continuo che ingigantisce o sminuisce eventi a piacimento. Quello sulla carta è tuo e contemporaneamente non lo è più nel momento in cui si fa corpo, un corpo altro.

La scrittura è per me un modo per conciliare il mondo di dentro e quello di fuori; due mondi che talvolta fanno a cazzotti o fingono di andare d’accordo per quieto vivere. È un modo per dialogare con me stessa, un cercarmi per ritrovarmi. Noi siamo lo spazio che occupiamo non solo fuori ma anche dentro di noi. Spesso però ci nascondiamo a noi stessi per paura di scoprire qualcosa di noi che non ci piace, che mal si coniuga con ciò che crediamo di essere, e ci difendiamo, anche da noi stessi. Ma il passato non passa mai, ritorna, sotto altre vesti. E basta poco per portarlo alla luce: il gesto di uno sconosciuto per strada, un odore, una risata improvvisa. E il passato ritorna.

 

Hai ricevuto qualche feedback che ti ha sorpreso?

Non mi aspettavo un secondo posto al prestigioso premio Nabokov, così come non mi aspettavo un secondo posto al premio letterario il Narratore che prevede una cerimonia di premiazione al Salone del libro di Torino. Non avevo aspettative, mi viene in mente Euripide: “Gli dei ci creano tante sorprese: l’atteso non si compie, e all’inatteso un dio apre la via”. E benedico questo inatteso.






ROMANZO FINALISTA PREMIO NABOKOV 2024



Copertina Libro

(Sinossi)


È con il primo caffè della giornata che si mette in moto per la protagonista di questa storia, ormai arrivata all’età dei bilanci, una macchina del tempo in grado di generare ricordi. Nata in una malanotte che partorisce solo figlie femmine, si rende presto conto di aver subìto un imprinting familiare che l’ha fatta sentire sempre sbagliata. Per essere accettata si infila in un contenitore pensato per accogliere un maschio, che le sta però stretto. Si ribella, esce dai confini disegnati per lei, e si scrolla di dosso le convinzioni limitanti che l’hanno forgiata. Scopre così la sua voce, ma si ritrova anche nuda, esposta alle intemperie della memoria, senza più un guscio che la ripari, ma felice di riconoscersi Femmina senza più nessuna costola da ringraziare per stare al mondo.

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