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La Personalizzazione della Standardizzazione


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La Personalizzazione della Standardizzazione


Ormai da un po’ di anni, o forse da sempre, ci troviamo immersi in mondo di pubblicità, film, programmi televisi, telegiornali, talk show, libri e via discorrendo, che ci dicono cosa mangiare, come vestirci, come comportarci e, cosa assai più grave, cosa pensare.


Il fantastico film Thank You for Smoking, interpretato da Aaron Eckhart, racconta di una realtà sconfortante in cui le lobby del tabacco sono riuscite per anni ad influenzare, manipolare e influenzare i nostri pensieri per farci credere che fumare fosse qualcosa che ci aiutasse a renderci attraenti, tutto tramite una accurata gestione dei media e dei messaggi da trasmettere in modo subliminare sino a quando questi fossero diventati nostri, come se fossero una nostra idea, partoriti dalla nostra mente.


Negli anni 80/90 tutte le giovani menti sono state indottrinate in modo tale da avere un velo costante di depressione e malinconia che accompagnasse la loro vita.

I bambini che in quegli anni guardavano la Tv vedano, quasi totalmente, cartoni animati che raccontavano le avventure di altri bambini o adolescenti con vite terrificanti, piene di disgrazie, malinconie e disavventure, costretti a dover lottare ogni giorni contro qualcuno o qualcosa che era li in agguato pronto a creargli l’ennesimo problema.

Non vorrei chiamare in causa le statistiche e le analisi di mercato, ma una buona parte dei bambini che guardavano i cartoni negli anni 80/90, gli attuali 40enni o 50enni, vanno in analisi per capire e risolvere problemi esistenziali che si portano dietro dall’infanzia o dall’adolescenza.


Una strana coincidenza?


Con l’avvento della globalizzazione, con tutti i suoi elementi correlati, e la diffusione sempre più estesa dei Social Network il gioco è praticamente fatto.

Siamo sempre più un target di mercato da gestire e influenzare adeguatamente per comprare un determinato prodotto o servizio, per la maggior parte delle volte totalmente inutile, ma che ci fa stare bene con noi stessi.


Compriamo tutti l’iPhone, tutti lo stesso prodotto, tutti l’ultimo modello appena uscito, tra parentesi: abbiamo in mano telefoni con la potenza di computer che usiamo solo per fare le foto e guardare i video su TikTok, però abbiamo le cover differenti, le cover colorate, il gingillo che viene giù dalla fotocamera, abbiamo il nostro iphone unico.

Riusciamo a sentirci liberi soltanto perché abbiamo la possibilità di personalizzare lo standard della nostra esistenza con qualche piccolo tocco di colore.


SIAMO UNICI e Siamo fieri di essere differenti dalla massa!!!


Siamo convinti di essere unici pur essendo completamente immersi negli standard che ci sono imposti!


Mi auguro soltanto che la generazione odierna che ha figli piccoli o adolescenti si impegni per fargli capire che ci sono delle cose che hanno un valore molto più rilevante rispetto ai follower, ai post con molti like, alle chat infinite per dire nulla, che danno procura passare decine di ore al telefono a guardare migliaia di video da 30 secondi, che la vita è al di fuori del telefono, che il mondo e le sensazioni dell’anima non sono in un post e mi auguro molte altre cose ancora.



Salvatore AMORELLO

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2 Comments

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La visione proposta enuclea elementi da non sottovalutare quanto ai rischi. Tutto, però, ruota intorno a come gli individui e le organizzazioni (in senso lato) decidono di utilizzare “lo standard”.

All’interno di un processo di standardizzazione personalizzare, facendo ricorso a “creatività” e “originalità”, può rappresentare una base di confronto che, a lungo andare, può “minare” l’assuefazione allo “standard” stesso.

(Mic L’ape 🐝)

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Ciao Mic,


Grazie per averci dato questo punto di riflessione molto interessante. Ottima osservazione.


Grazie.

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